Lentini e il suo Castrum Vetus


















Il Castellaccio o, meglio, il Castrum vetus, come veniva indicato nei documenti medievali, è sito sul colle Lastrichello-Tirone, in una posizione strategicamente favorevole sia alla difesa che all’attacco.





Il castello domina dall’alto le ultime propaggini della valle San Mauro, con i resti delle fortificazioni nord di Leontinoi, ed incombe su la valle Ruccia, con il quartiere di impronta medievale di San Paolo. Ad epoca greca, come lasciano ipotizzare i racconti degli storici, risalirebbe il primo impianto della fortezza, su una delle acropoli della città. Tuttavia, il ricordo documentario più antico risale al 1223, quando Federico Il relegò nel castello i ribelli agrigentini.








Nel 1239, l’imperatore svevo inviò tre lettere, una a Riccardo da Lentini, praefectus novorum aedificiorum (addetto alle nuove costruzioni, architetto di corte), una al giustiziere Guglielmo di Anglone e la terza al secreto di Messina, Maggiore di Plancatore, in cui si parla di lavori per completare il castello, in particolare la costruzione di tre torri e delle mura. Un ruolo centrale il Castrum assunse durante l’avventura di Corradino di Svevia, quando i ferracani, nemici della causa sveva, opposero una dura resistenza e cedettero alla fine solo per la mancanza d’acqua (1267).

L’importanza del Castellaccio emerse con Carlo d’Angiò, il quale aumentò la provvigione di miglio, portandola ai livelli dei più forti castelli costieri (1278). Durante la guerra del Vespro (1282), il castello venne preso d’assalto dagli stessi leontini, che, sotto la guida di Giovanni La Lamia, insorsero contro il governatore della città, Papirio Comitini, che si rifugiò nel castello, ma venne catturato e ucciso dal popolo.

Nel 1338, durante la guerra tra Ventimiglia e Chiaramonte, nel castello vennero incarcerati alcuni esponenti della famiglia Ventimiglia, affidati dal re Pietro III al conte Ruggero di Passaneto. Nello stesso anno, per sfuggire all’ira del re Pietro III, presso il quale era caduto in disgrazia, il Passaneto, uno dei feudatari più importanti dell’isola, si barricò nel castello, che capitolò solo dopo un lungo assedio condotto da Blasco Alagona. I danni che il castello aveva subito durante l’assedio dovettero essere molti se, l’anno dopo (1339), il re Pietro III concedette l’estensione delle gabelle per riparare le mura della città e costruire i bastioni del castello.

L’inespugnabilità della fortezza venne riaffermata venti anni più tardi, quando l’assedio di Artale Alagona si infranse contro le nuove difese. Solo la mancanza di cibo ed il tradimento di alcune guardie consegna gli assediati nelle mani dell’Alagona.

Con il nuovo ordinamento dei castelli (1398), il castellano del Castrum vetus, data la sua importanza strategica e nonostante che Lentini fosse una città della Camera reginale, venne nominato direttamente dal re.

Nel 1434, il castello venne concesso dal re Alfonso d’Aragona al nobile leontino Vincenzo Gargallo.

Il terremoto del 1542 fu infausto per il castello vecchio: i danni arrecati alle strutture portarono la Spagna alla decisione di costruire la città fortezza di Carlentini nel 1551. Nonostante i guasti, il castello mantenne una sua funzione, se continuò a custodire fino al 1675 la tavola (XIII sec.) raffigurante la Vergine, detta perciò Madonna del Castello. Trasformato in carcere per i debitori, fu distrutto definitivamente dal terremoto del 1693.

Resti architettonici

Triquetra arx - Torre triangolare, i cui vertici sono rivolti ai tre capi della Sicilia. L’elemento architettonico più notevole è costituito da un muraglione in conci squadrati legati da malta cementizia. La leggenda, risalente a Diodoro siculo, attribuisce la costru- zione della rocca ad Ercole, che volle così lasciare a Leontinoi ricordi immortali della sua venuta. Si tratta, in realtà, di un’opera tipicamente medievale, innalzata per difendere il lato sud-est del castello, probabilmente costruita in età federiciana, anche se non mancano indizi che fanno pensare ad età più tarda, quando l’uso di armi da fuoco fa privilegiare le forme acutangole che meglio si prestano alla difesa contro i proiettili.

Fossati - A nord ed a sud del Castello, difendevano la fortezza sul lati meno impervi. Quello a nord porta ancora i segni del ponte levatoio. Il taglio nella roccia, almeno dal punto di vista tecnico, ricorda le fortificazioni greche.

Basilichetta - Nel settore est, presenta un’abside ed i muri esterni. Piombatoi - Strutture a strombo per una difesa basata sul lancio di oggetti dall’alto sugli assalitori, nella parte nord.

Sala d’armi - Nella parte alta del castello, al centro della spianata, è un grande vano a pianta rettangolare, scavato nella roccia, con volta a botte e pareti ricoperte da conci calcarei, sui quali sono ancora visibili incisioni e date. I lati più lunghi sono divisi da semipilastri con funzione decorativa. Vi si accede attraverso una scala ripida con volta a botte. Comunemente definita sala d’armi, forse era una cisterna, anche se mancano del tutto i segni dell’intonaco idraulico.

Grotta della palle - Grotta scavata nella roccia (lunga 30 metri e larga 3 metri e 40 centimetri), si affaccia sulla valle San Mauro ed era probabilmente in diretto rapporto con i sotterranei del castello, come dimostra un buco nel tetto della grotta. Il nome deriva da una serie di palle di pietra, probabilmente proiettili, trovate all’interno della grotta.

Oratorio di Santa Lucia - Ricavato nella roccia, a pianta rettangolare con tre absidi, presenta un interessante repertorio di affreschi. Nell’abside centrale, un Pantocrator, assiso sul trono, con la mano destra benedicente e la sinistra che tiene un vangelo (XIII sec.). Nell’absidiola di destra, l’affresco meglio conservato raffigurante Santa Lucia (XIII-XIV sec.). Sulla parete di fondo, un santo vescovo (San Nicola?), una Mater Domini, un altro vescovo, un santo cavaliere (San Giorgio?).

Testi: prof. Cirino Gula

Commenti

Post popolari in questo blog

Continua l'avventura de "Il viaggio - l'incanto della piccola principessa"

Palazzo “De Geronimo - Catalano"