UNA LETTERA IMPORTANTE

Palmiro Prisutto 8 h · Mi chiamo Palmiro Prisutto. Sono nato ad Augusta ed ho 61 anni. Sono residente ad Augusta e sono sacerdote cattolico ordinato nel 1979. Ho svolto i primi quattro anni di ministero dal 1979 al 1983 nella città di Floridia (provincia e diocesi di Siracusa). Altri dieci anni li ho vissuti nella parrocchia di Santa Lucia ad Augusta. Sono stato parroco per 21 anni nella parrocchia San Nicola a Brucoli frazione di Augusta. Da oltre due anni svolgo il ruolo di parroco nella chiesa Madre di Augusta, la chiesa principale. Insegno religione dal 1988 presso l’Istituto tecnico industriale statale di Augusta. Prima del 1988, per dieci anni, ho insegnato in scuole medie inferiori. La mia decisione di andare ad insegnare nelle scuole superiori è derivata proprio dalle vicende ambientali. Proprio con l’insegnamento nelle scuole superiori, nell’ITIS in particolare, sono uno di quei docenti che prepara e forma gli alunni che andranno a lavorare nel polo industriale. A scuola dedico molto tempo a trattare gli aspetti etici del lavoro: è importante far capire a questi giovani che il lavoro non è solo una merce; il lavoro è ed ha dignità; il lavoro è progresso; il lavoro ha anche delle regole anche etiche; e queste vanno rispettate sia da chi lo dà sia da chi lo svolge nel rispetto della persona e dell’ambiente. A chi, mi ha contestato, che come docente di religione “non dovevo” trattare questi argomenti “che non avevano nulla a che fare con la religione” ho replicato che questa problematica fa parte della religione a pieno diritto in quanto esiste il comandamento “non uccidere” e poiché l’inquinamento fa soffrire e morire questo diventa una causa di morte, rientrando nelle problematiche legate al comandamento, alla pari della violenza, della fame della droga, ecc. I miei alunni un giorno varcheranno gli ingressi delle aziende dell’area industriale, perché su questo territorio, purtroppo, di lavoro esiste prevalentemente solo questo; e quando, terminato il tempo della formazione, saranno costretti ad “accettare” questo lavoro si ricorderanno non solo degli aspetti tecnici, ma anche quelli etici. Ho insegnato loro che, (anche se non sempre lo faranno), che ad ogni richiesta del datore di lavoro non si può rispondere solo con l’ubbidienza passiva ed acritica. Molti operai, miei ex alunni, avvertono un conflitto interiore, di fronte a certe richieste e a certe logiche di profitto: purtroppo, sotto la minaccia di sanzioni o ritorsioni, sono costretti ad ubbidire. Il pane alla famiglia va portato; purtroppo al lavoro si lega spesso solo il concetto del pane, ma questo pane per tanti operai e le loro famiglie si tratta, sì, di pane, ma purtroppo di “pane avvelenato”. Ritengo doveroso, per quanto è nelle mie possibilità, contrastare, anche a livello ideologico, quella mentalità ormai radicata perfino nel pensiero delle giovanissime generazioni che “È MEGLIO MORIRE DI CANCRO CHE DI FAME”. La rassegnazione di questi operai e delle loro famiglie di fronte al ricatto occupazionale la considero come la malattia più grave del territorio. Non si tratta certamente di una malattia fisica. I nostri padri, pur nella precarietà dell’esistenza, dicevano invece: “A CHE SERVONO I SOLDI SE NON C’È LA SALUTE”? Ad Augusta e dintorni, questa massima, ormai, sono solo in pochi a sostenerla. È noto che nel processo di formazione (=indottrinamento) degli operai da parte delle aziende gli ambientalisti o quelli come il sottoscritto vengono fatti passare come quelli che vogliono la chiusura delle fabbriche e conseguentemente sono i “nemici” da combattere. Personalmente, non ho mai sostenuto la chiusura del polo industriale, ma l’adeguamento tecnologico e il rispetto delle leggi contro l’inquinamento. Premetto che non sono un medico, né un esperto o un tecnico del settore, né un politico, né amministratore o qualcosa del genere. Proprio a causa del particolare ruolo sociale che svolgo ho una lettura un po’ diversa da come potrebbero averla altri. Ho affrontato questa delicata problematica soprattutto dal punto di vista umano ed etico. Per via del mio particolare lavoro sono a contatto con tanta gente: ascolto, raccolgo segreti e confidenze, vengo a conoscenza di fatti di cui non si può parlare liberamente per via del segreto sacerdotale ed anche di tante forme di ricatto (occupazionale). Purtroppo devo celebrare anche tanti funerali di cui uno su due o addirittura due su tre sono morti di cancro. Sono cifre che non lasciano assolutamente indifferenti. E questo non riguarda solo la mia parrocchia: lo sanno bene gli altri parroci della città. In merito alla convocazione per essere ascoltato da codesta Commissione voglio mettere a conoscenza quello che so e che può essere utile all’indagine conoscitiva in atto. Purtroppo, in quegli anni critici (1979-83) a motivo del mio ministero ero fuori di Augusta, ma ho seguito lo stesso gli avvenimenti accaduti nella mia Città. Alcuni fattori familiari hanno creato in me la consapevolezza della gravità della situazione sanitaria di Augusta. OMISSIS ,,,,,, Già dal 1979 Augusta, in seguito alle ripetute morie di pesci nella rada, era balzata agli onori delle cronache nazionali per la grave condizione di inquinamento prodotta dal polo petrolchimico. Tra il 1980 e 1981 il numero dei bambini nati con varie malformazioni venne considerato anomalo, in quanto percentualmente superiore (doppio) alla media nazionale . A denunciare il problema fu il primario di pediatria del locale ospedale Muscatello, il Dr. Giacinto Franco, anch’egli vittima illustre del cancro, ma ormai universalmente noto per il suo impegno di denuncia di questi problemi. Nel 1980 ci fu l’intervento dell’ISS che a conclusione dell’indagine ammise di non poter provare il nesso eziologico tra inquinamento e le patologie del territorio per mancanza o insufficienza di dati. Se oggi questi dati non ci fossero ancora a distanza di altri quattro decenni lo riterrei estremamente grave se non addirittura deliberatamente criminale. Nel 1980 l’allora Pretore dirigente di Augusta, Dr. Antonino Condorelli, affidò al Dr. Franco, nella qualità di CTU, l’incarico di svolgere uno studio sulle malformazioni e sulla mortalità per cancro ritenuta anch’essa eccessivamente alta. Il Dr. Giacinto Franco, più che per l’incarico ricevuto, ma soprattutto per una vera e propria ammirevole personale missione, si dedicò ad una accuratissima ricerca dei dati, andando talvolta a trovare direttamente le famiglie dei malformati o dei morti di cancro. I risultati sono ormai noti, così come è noto a livello mondiale il caso Augusta-Priolo-Melilli. Del caso si sono interessati nel tempo a più riprese non solo l’ISS, ma anche l’OMS, l’ENEA, il CNR, il Ministero dell’Ambiente, lo studio SENTIERI, ecc. Parallelamente l’opera del Pretore si rivolse alle aziende del polo petrolchimico: ricordiamo a tal proposito le sue improvvise irruzioni in fabbrica, ed il clamoroso sequestro delle cartelle cliniche di 8.500 lavoratori del petrolchimico. Da un lato il plauso della popolazione che finalmente vedeva nel Pretore un difensore della legalità e dall’altro la “rabbia” della controparte che fino a quel momento aveva inquinato indisturbata da oltre trenta anni. A livello politico avvenne l’attacco al Pretore, che per alcuni mesi “perse” la giurisdizione sui vicini centri di Melilli e Priolo. Questo fatto, però, durò solo alcuni mesi. Va ricordato doverosamente che nel periodo 1975-80 avvenne anche la distruzione dell’abitato di Marina di Melilli (un centro abitato di 1.000 abitanti tra Priolo e Siracusa) per fare spazio – con un balletto di tangenti miliardarie agli influenti personaggi dell’epoca - all’ennesima raffineria denominata ISAB (poi ERG), e la frazione di Priolo ottenne l’autonomia amministrativa da Siracusa determinando un nuovo riassetto geografico ed amministrativo della zona a nord di Siracusa. L’insediamento dell’ISAB, definita la più grande raffineria del Mediterraneo, avvenne quando ormai la situazione igienico-sanitaria era esplosa in tutta la sua gravità e l’allarme era stato già lanciato. Il Pretore Condorelli sfidò i poteri forti, mise alla sbarra e condannò numerosi direttori di stabilimenti, riuscì ad imporre la costruzione di un depuratore consortile IAS (entrato in funzione 1985), determinò la chiusura o l’adeguamento di numerosi reparti dove sicurezza e tutela della salute erano considerati quasi degli “optionals”. Qualche speranza si intravvedeva oltre le nubi del petrolchimico, ma nel 1983 il Pretore Condorelli fu ….. “promosso” a …. Verona. A partire da quell’anno la pretura di Augusta non ebbe più un Pretore dirigente, ma solo pretori onorari. E, come dice un proverbio: “Quando manca il gatto i topi ballano”. (ALLEGARE CRONOLOGIA) Il mio impegno attivo nel campo dell’ecologia e della protezione civile è iniziato nel 1985, a seguito del grave incidente industriale accaduto all’ICAM (19 maggio). Quell’incidente, ritenuto solo “spettacolare” dai sindacati dell’epoca, sol perché avvenne una domenica sera alle 23,25 (in impianto c’erano solo pochi turnisti così come nel resto della zona industriale) ha invece aperto gli occhi a tanti abitanti del tristemente famoso triangolo della morte. L’impianto per la produzione di etilene, il più moderno e più tecnologicamente avanzato dell’area industriale, saltato in aria con ben cinque esplosioni si trovava ad appena dieci metri dalla ferrovia e a meno di trenta dalla SS. 114. Se l’incidente anziché accadere alle 23,25 di domenica fossa accaduto alle 07,30 del mattino di un giorno feriale qualunque, mentre passava un treno di pendolari o le corriere con gli studenti, probabilmente ancora oggi sarebbe commemorato come uno dei maggiori disastri industriali italiani. Il territorio di Augusta-Priolo-Melilli, occorre ricordarlo, non è un territorio tranquillo: sono almeno tre i rischi a cui è soggetto: non c’è solo quello chimico-industriale, ma anche quello sismico e quello militare. Come già accaduto in passato i tre rischi possono unirsi amplificandone gli effetti negativi. A tal proposito ricordiamo che durante il terremoto del 1693 (storicamente molto ben documentato) esplose la polveriera del castello che ai 2400 morti del sisma ne aggiunse altri 800 portando a 3200 il numero complessivo dei morti. Ovviamente trascuriamo l’onda di maremoto di “trenta cubiti” (15 metri) che si riversò sulla città. Si è mai chiesto qualche Istituzione come sia stato possibile costruire il polo petrolchimico su un’area sismica di primo grado? Oggi, perché anziché parlare di moratoria si insiste invece a tentare di collocare, a tutti i costi, nell’area del triangolo della morte inceneritori, piattaforme polifunzionali, rigassificatori o depositi di GNL? Rischio militare: nel passato questa città ha subito attacchi e bombardamenti ma è ovvio che il porto Augusta e la stessa area industriale oggi costituirebbero in caso di guerra (o per terrorismo) un sicuro bersaglio con conseguenze facilmente immaginabili. Settanta anni di presenza del polo industriale hanno compromesso, forse in modo irreversibile, tutto l’ecosistema: aria, acqua, mare, suolo e sottosuolo, ma soprattutto la vita, la salute e la stessa esistenza degli abitanti. Già solo per questo dovrebbe essere maggiormente attenzionato dalle istituzioni, che invece alle richieste della comunità che ci vive oppongono un perdurante e sprezzante silenzio o non risposte, o promesse di tavoli tecnici, o interventi che non arrivano mai. E intanto non solo chi lavora dentro il polo petrolchimico, ma anche la gente che ci vive a ridosso si ammala e muore. Se da un lato è giusto lottare per difendere il proprio posto di lavoro perché non dovrebbe essere giusta anche la lotta di chi dice: “Tu sei libero di fare il lavoro che vuoi, ma io perchè dovrei morire per il tuo lavoro? Ecco uno dei nodi etici cruciali della questione. Inquinamento dell’aria: Quotidianamente nell’aria vengono immessi centinaia di tonnellate veleni di ogni genere, magari camuffati dal colore bianco tanto da sembrare vapore acqueo: alcuni sono normati, altri no; frequentissimi sono i “fuori servizio” con le colonne di fumo nero: ci si aspetterebbe, in questi casi che qualche istituzione ci dicesse: “Non uscite di casa, indossate le maschere antigas, o avvisi simili”; l’importante, per chi inquina “abusivamente” o no, spedire il classico fax alla prefettura per informare le istituzioni del problema, ma non si riesce mai a colpire chi ne è responsabile e magari a fatto ormai avvenuto alla popolazione non è stata fornita nessuna informazione su che cosa abbia respirato o assistenza dopo l’incidente: perché mai dovremmo sorprenderci se quello dei polmoni è la forma di cancro più diffusa? Per chi vive ad Augusta, Melilli e Priolo, avvertire particolari odori non è un problema: ci si è ormai assuefatti. Solo quando i valori superano certe soglie se ne avverte il fastidio, ma non il pericolo. Fino a poco tempo fa esistevano tre reti di rilevamento: quella dell’Enel (ormai smantellata); quella della Provincia (oggi ARPA) alle prese con scarsità di uomini mezzi e finanziamenti, cioè tutto quanto occorre per non farla funzionare; quella del CIPA (Consorzio Industriale Protezione Ambientale) di proprietà delle stesse aziende: quale affidabilità può dare l’inquinatore controllore che controlla se stesso? Ecco perché è nata una “quarta rete di monitoraggio”- ovviamente non ufficiale-: la mia pagina FB “segnala la puzza” dove i cittadini segnalano luogo, ora e tipo di cattivo odore. Sono anni che la gente si lamenta, ne fa oggetto di discussione, magari pochi denunciano, ma alla fine si scoraggiano e desistono, ma sono anche altrettanti anni che le Istituzioni non danno o non sono capaci di dare soluzione alcuna al problema. Chiudere le finestre e tapparsi in casa non basta più. Lo stesso Procuratore della Repubblica di Siracusa Giordano ha detto che non si riesce a controllare tutti e 191 punti (ufficiali) di emissione. E quand’anche si volessero fare i controlli questi vanno concordati e fatti con congruo preavviso temporale. Con particolari condizioni climatiche si è notata spesso una strana nube gialla che staziona sull’area di Augusta. Non bisogna trascurare anche il fatto che Augusta e sede di una base militare della Marina: sembra un argomento tabù: quando le navi accendono i motori inquinano: non ci sono solo le ciminiere del petrolchimico; e quando le navi mettono in funzione i radar? Ovviamente questo è come se fosse un segreto di stato. Inquinamento dell’acqua: Secondo uno studio della regione Sicilia intorno all’anno duemila si stimò che l’area industriale di Augusta, consumasse da sola più della metà dell’acqua dell’intera Regione: l’acqua veniva emunta dalla falda che si è progressivamente abbassata a livelli tali che l’acqua di mare è penetrata nell’entroterra provocando un fenomeno irreversibile che è la salinizzazione dei pozzi; poi sono stati utilizzati i fiumi che sfociavano nel porto di Augusta (Marcellino, Mulinello, Cantera, ecc.); infine sta utilizzando l’acqua sottratta alle parti interne della Sicilia, quella del cosiddetto “acquedotto di quota cento”. Vale a dire che l’industria di Augusta asseterà la Sicilia del futuro. Non meno rilevante è la contaminazione della falda dalla perdita di idrocarburi specialmente nella zona compresa tra Melilli, Priolo e Siracusa. L’acqua utilizzata nei processi produttivi e di raffreddamento degli impianti, non viene riciclata, ma va a finire in mare (v. Marina di Melilli) aumentandone la temperatura e alterando l’ecosistema. Gli abitanti di questo territorio che prima vendevano acqua a Malta, alla Libia, alle isole minori, oggi devono pagare una tassa in più sull’acqua: devono comprare, per poterla bere, l’acqua imbottigliata. Inquinamento del mare: È stato accertato dal ministero dell’Ambiente, con un preciso studio, che sui fondali della rada di Augusta sono sedimentati 18 milioni di metri cubi di fanghi tossici. Non si conoscono le quantità presenti fuori del porto di Augusta, provenienti dai vari dragaggi dei fondali della rada. Su fondali c’è di tutto. Basti leggere la relazione fatta dall’ICRAM. La cosa grave è che questi metalli pesanti vengono metabolizzati dalle specie ittiche e finiscono nella catena alimentare. Ma a dispetto di quello che non dovrebbe accadere, in quanto nessuno può più scaricare a mare i propri reflui, questo è avvenuto e continua ad avvenire: ricordiamo il caso del mercurio riversato in mare dall’Enichem (azienda di Stato) nel 2001, culminato con l’arresto di diciassette dirigenti, l’inizio di una azione giudiziaria, ma mai portata a termine (operazione mare rosso) perché bloccata dal “ristoro” unilaterale dell’Enichem (nel frattempo diventata prima Syndial e poi Versalis) ad alcune famiglie per malformazioni ed aborti correlabili direttamente alla contaminazione da mercurio. In una trasmissione della tv nazionale specializzata nel settore (conservo ancora la registrazione) si diceva che a partire dalla riva dove sorgono gli stabilimenti petrolchimici i fondali ci sono zone “azoiche” (=prive di vita); eppure il porto di Augusta prima dell’industrializzazione era ritenuto per la sua posizione e conformazione un’area pescosissima. Oggi, purtroppo, il divieto di balneazione e di pesca impediscono di usufruire di questo mare che era la vera e grande risorsa del territorio. Non è affatto trascurabile il fatto che all’interno della rada contaminata si continui a pescare non solo con la canna, ma anche con le reti (e come area portuale i controlli dovrebbero esserci). Di questa rada, da diversi anni, è stata annunciata, ma mai iniziata la bonifica: erano stati stanziati anche dei fondi (a mio avviso troppo pochi nonostante la consistenza): la bonifica sarebbe una grande occasione di lavoro. Sarebbe senz’altro un’opera “ciclopica” se venisse realizzata. Inquinamento del suolo e sottosuolo: Gli stabilimenti sorti nel territorio in questione hanno, purtroppo, coperto una vasta area molto interessante dal punto di vista storico, culturale, archeologico. Secondo una pubblicazione di un dirigente della Sovrintendenza di Siracusa, almeno ventidue siti archeologici sono stati sepolti dai cosiddetti “opifici del progresso”: insistono su quest’area i resti di una grande città greca dell’antichità che potremmo paragonare a Pompei: Mègara Hyblaea. La città, ad opera di una spedizione francese, è stata solo parzialmente riportata alla luce, ed ha riempito di reperti, ancor più di Siracusa il museo archeologico nazionale Paolo Orsi del capoluogo della provincia. A sentire certi racconti è normale indignarsi: quando venne costruita la Rasiom (la prima raffineria ai tempi di Angelo Moratti) man mano che si gettavano le fondamenta della raffineria camion carichi di reperti prendevano la via del nord Italia. Man mano che l’industria avanzava e seppelliva il nostro passato, scompariva l’agricoltura e i fertili agrumeti della costa di Augusta venivano sacrificati sull’altare del profitto. I terreni diventavano discariche, venivano abbandonati per poi essere contaminati da tutto ciò che ricadeva al suolo dalle ciminiere. Per decenni sono stati abbandonati; venivano utilizzati come pascolo da pastori che non sapevano nulla di diossine e cose simili. Ma oggi, gli stessi terreni, mai bonificati, incredibilmente sono diventati terreni agricoli, coltivati intensivamente: allora dico che il prof. Veronesi ha ragione: è l’alimentazione provoca il cancro. Mangiando quella carne e quei meravigliosi ortaggi, di cosa dovremmo morire se non di cancro al fegato, al colon, allo stomaco? Ma c’è un altro fenomeno a cui si presta, a mio avviso, poca attenzione: nel cuore della zona industriale, circondati dalle ciminiere, in territorio di Melilli, sono sorti una quantità impressionante di grandi centri commerciali. E la gente va lì, da venti anni, anche per farsi la semplice passeggiata domenicale. Quante migliaia di persone prima della crisi andavano felici a respirare quell’aria attorno ai centri commerciali? Ma cosa respirano, cosa hanno respirato tutti i lavoratori, gli ospiti e i clienti di quei centri commerciali? Non potrebbe venire anche il sospetto che magari sotto quelle colate di cemento dei centri commerciali potrebbe essere stato interrato qualcosa? Quante discariche nascoste sono state ritrovate entro il perimetro di talune aziende? Operai che parlavano del “metodo del calcestruzzo” ne ho incontrati. Così come quelli che parlavano delle autobotti che andavano in giro per le strade della Sicilia nei giorni di pioggia, con i bocchettoni poco poco aperti. Ad Augusta e Priolo sono stati chiusi gli stadi perché erano depositi di ceneri di pirite. La stesse industrie che sponsorizzavano lo sport ad Augusta e Priolo lo hanno fatto anche morire. Ancor oggi, la zona archeologica di Priolo, denominata Thapsos è un’enorme discarica di ceneri di pirite a cielo aperto. Anche queste discariche dovrebbero essere bonificate, ma sono ancora lì, da decenni, con la loro micidiale tossicità. Augusta e i morti di cancro: Certamente vivere in questo contesto non solo la salute e la vita sono a rischio, ma anche la stessa serenità dell’esistenza. L’aria irrespirabile, il mare negato, la paura di un incidente rilevante e l’impossibilità a farvi fronte condizionano da decenni la stessa esistenza degli abitanti. Tentativi di fuga e di evacuazione dalle nostre città in seguito agli incidenti industriali ed anche per il terremoto del 1990 li ricordiamo bene. Sicuramente oggi il problema della viabilità lo possiamo considerare superato, ma non quello della vivibilità. Le donazioni e le sponsorizzazioni delle aziende petrolchimiche fatte alle città o a dei gruppi o associazioni di cittadini vengono fatti da tempo, e molti cittadini ed amministrazioni le accettano senza contestarle. Più che parlare di risarcimento o compensazioni, si potrebbe parlare di corruzione: con il denaro si è comprato non solo il silenzio e la rassegnazione dei cittadini, ma anche il voto di essi. Nel dicembre 2013, nella centralissima piazza Duomo, davanti la mia chiesa la raffineria Esso collocò, come di consueto, l’albero di Natale. Diversi cittadini per “abbellirlo” collocarono ai piedi dell’albero dei sacchetti bianchi con dei nomi scritti: erano i nomi di persone uccise dal cancro. All’interno dei sacchetti furono collocati dei lumini accesi. Nelle sere seguenti il numero dei sacchetti aumentò. Era la prima volta che, ad Augusta, si contestava l’albero donato dalla zona industriale. Al terzo giorno la Esso ritirò il logo che vi aveva collocato. All’epoca il comune di Augusta era stato sciolto per mafia e commissariato. Venni a sapere che la Esso non avrebbe dato più il suo contributo per la festa del Santo Patrono di Augusta. Ho scritto una lettera per ringraziare la direzione della Raffineria dichiarando che eravamo uomini liberi e che quei soldi condizionavano la nostra libertà. Personalmente già nella seconda metà degli anni ’80 avevo percepito la gravità della situazione: avevo conosciuto il Dr. Giacinto Franco durante i corsi matrimoniali, quando veniva a parlare alle giovani coppie del problema della talassemia. Mi sono unito a lui nella battaglia per la salute. Mi illustrò il suo lavoro di ricerca, mi disse che la situazione di Augusta sarebbe peggiorata sempre più e che la mortalità per cancro dopo l’anno 2000 avrebbe avuto impennata paurosa. I numeri, le statistiche parlavano chiaro. Ad Augusta non ci sarebbe stata più una sola famiglia che non avesse avuto un componente malato o morto di cancro. Per sensibilizzare la gente, ma anche la chiesa locale, cominciai a scrivere sul settimanale diocesano il Cammino, trattando tematiche inerenti la sicurezza, la protezione civile, la tutela della vita. Nell’88, nell’arco di due settimane, morirono di cancro due trentenni. Riportando il fatto, il settimanale diocesano diede questo titolo alla notizia: “Non scuote più nessuno la mortalità per cancro ad Augusta”, un titolo che unito al concetto che “è meglio morire di cancro che di fame” esprime molto bene la realtà in cui conduciamo la nostra esistenza. Una strage silernziosa: Da diversi anni, negli anni 80, ad Augusta si parlava di un imminente forte terremoto: (questo avverrà davvero la notte del 13 dicembre 1990) la Protezione civile invitava a prepararsi all’evento. Quando nell’autunno dell’86 si svolse il convegno sulla protezione civile quel convegno venne definito “convegno Cassandra”. Visti i precedenti storici, un altro terremoto, avrebbe sicuramente fatto molte vittime, ma il Dr. Giacinto Franco ed il sottoscritto più che un sisma temevano un’emergenza assai più subdola che nel tempo avrebbe fatto più vittime del terremoto: l’inquinamento. Lo gridavamo forte nonostante l’ironia degli abitanti e di tanti “esperti”: ad Augusta il maggior numero di vittime non la farà il terremoto, ma il cancro. Certo l’impatto emotivo di fronte a centinaia di vittime non è lo stesso se a provocarle sia un terremoto: un terremoto provoca molte vittime in pochi secondi, ma il cancro ne ucciderebbe molti di più ma in un lasso di tempo più lungo. Chi parlava contro l’industria era tacciato di fare terrorismo psicologico o allarmismo. Di fatto gli abitanti del triangolo (o quadrilatero) della morte si sono assuefatti di fronte a questo uno stillicidio continuo, così come si sono assuefatti all’inquinamento. Occorre ricordare, purtroppo, con profonda amarezza, che le istituzioni italiane, in occasione del terremoto del 1990, (17 morti, centinaia di feriti, 15.000 senzatetto) più che tutelare la sicurezza, la salute e la vita dei cittadini, preferirono salvaguardare gli interessi economici dell’area industriale, non dichiarando non solo lo stato di calamità, ma addirittura, pilotando e depistando l’informazione, si volle minimizzare l’evento, tanto che questo terremoto (a differenza di quello dell’Umbria 1997) è sparito non solo dalla memoria ma anche dagli elenchi ufficiali. Va ricordato che il polo petrolchimico di Augusta fornisce circa la metà dei prodotti petroliferi utilizzati in Italia, ed anche un consistente introito nelle casse dell’erario. (nel 1990 si parlava di 36 mila miliardi di lire gli attuali 18 miliardi di euro) Era il mese di febbraio 2014 quando un impresario di pompe funebri mi informò che 8 degli 11 funerali fatti dalla sua impresa erano morti di cancro. Anche gli altri impresari del settore confermarono la statistica. Non era più il 30% degli anni ottanta. Così nacque l’idea della messa del 28 del mese, quella in cui da quel 28 febbraio 2014 vengono letti i nomi dei morti di cancro, alla stessa maniera di come vengono ricordate le vittime della mafia, del terrorismo e delle stragi. La messa fu annunciata attraverso una decina di manifestini come quelli funebri: la questione della privacy venne superata perché i nominativi venivano presentati spontaneamente e liberamente dai familiari. Nel corso della prima messa commemorativa furono letti circa 150 nominativi, altri 100 circa se ne aggiunsero in quella successiva, ma la notizia di questa particolare messa ebbe immediata risonanza mediatica non solo nazionale. Dopo la seconda messa ricevetti la visita di un funzionario della Procura della repubblica di Siracusa: volevano dei chiarimenti in merito a delle mie dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Stampa di Torino: l’incontro fu verbalizzato e sottoscritto. Due settimane dopo lo stesso funzionario ritornò chiedendomi a nome del Procuratore il tabulato dei morti di cancro nel frattempo ancor più lungo: l’ho consegnato senza alcuna remora: questo tabulato risulta inserito dalla Procura della repubblica nel fascicolo di una azione giudiziaria. Oggi i nominativi censiti sono quasi 850, ma è solo la punta dell’iceberg, in quanto l’iniziativa è circoscritta al centro storico ed alla mia sola parrocchia. Non ho mai chiesto ad altri parroci alcuna collaborazione al riguardo, anche se numerosi fedeli venivano da altre parrocchie per questa messa. Non è facile in una normale parrocchia, per noi sacerdoti, alzare la voce per denunciare questa ingiustizia: alla stessa Messa partecipano sia coloro che lavorano nell’area portuale e industriale sia quelli che vorrebbero far chiudere le fabbriche. È chiaro che alla stessa Messa partecipano sia i familiari delle vittime del cancro sia i lavoratori dell’area industriale: schierarsi non è facile, pur accettando l’evidenza. Poiché ad Augusta si è convinti del fatto che in ogni famiglia ci sia un caso di cancro (morto o malato), se facessimo la semplice divisione tra il numero degli abitanti e il numero delle famiglie, probabilmente ipotizzare che i morti di cancro siano migliaia, non sarebbe certamente sbagliato affermarlo. Nell’ultimo mese, ad Augusta, tre giovani donne, con meno di 50 anni sono state uccise dal cancro. L’inquinamento subito da questa città e da questo territorio perdura ormai da quasi 70 anni. Scorrendo i dati finora raccolti e pubblicati sulle patologie, sulla vicenda dei bambini malformati, ed anche sugli incidenti sul lavoro, mettono in evidenza che questa città sta subendo un martirio quotidiano: parlare di questi problemi come di strage di stato o di omicidio istituzionale, è solo pura, semplice ed incontrovertibile Verità, anche se tutto questo dà sicuramente fastidio a molti, istituzioni comprese. A livello personale, e a nome della città, per il problema cancro ho scritto a tutti i presidenti della repubblica a partire dal 1986, ai vari ministri dell’ambiente e della salute, Prefetti, procuratori, ma le loro risposte fanno capire sì che sono a conoscenza del problema, ma che non sono in grado di intervenire. Talvolta non hanno neppure risposto. Di recente ho invitato la ministra della salute a trasferirsi per un mese ad Augusta. Come di consueto nessuna risposta. Ovviamente tra le patologie correlabili all’inquinamento non esiste solo il cancro: certamente anche se non lo si vuole ammettere, ne esistono altre: in particolare mi riferisco a patologie quali malattie mentali (sembrerebbe, in base ad una testimonianza da me raccolta in via confidenziale, che nella città di Augusta ce ne siano circa un migliaio); che dire dell’autismo, dei casi di sterilità per entrambi i sessi, di infarti a trent’anni? Quando si avrà il coraggio di dire la verità, anche se scomoda? Quando sarà attuato il principio “chi inquina paga?” Come già detto il mio non è un registro tumori, è solo una lista di morti per cancro. Il registro tumori, quello reale è affidato nella compilazione al Prof. Sciacca, Ordinario di igiene presso l’università di Catania. Lo stesso docente, però, risulta essere un consulente delle aziende del petrolchimico: non si potrebbe ravvisare in questo incarico un’incompatibilità tra i due ruoli? Analisi dei dati raccolti mediante la messa del 28 di ogni mese: i nominativi raccolti alla data del 28 giugno 2016 sono stati 841 un numero, credo, statisticamente significativo; anche se la stampa ha definito questo elenco un “Registro Tumori parallelo”, io lo definisco semplicemente una lista di morti per cancro. Questa lista non ha alcuna pretesa scientifica, però creando i tabulati per età o per patologia, emergono due dati sconcertanti: primo: circa metà dei censiti non hanno superato i 66 anni; secondo: di cancro ai polmoni i morti son oltre un terzo del totale. Mi permetto di osservare in base al primo punto: se da un lato in Italia la durata media della vita si è alzata, per cui è stata innalzata anche l’età pensionabile, questo non è avvenuto ad Augusta. Un gran numero di lavoratori, andando in pensione non va verso una serena vecchiaia, ma verso la sofferenza, che come cinica beffa li attende proprio appena terminata l’età lavorativa. Pertanto ritengo che, come per gli esposti all’amianto, mediante un provvedimento legislativo si debba fare una deroga alla legge equiparando a loro i lavoratori del petrolchimico: la legge sull’età pensionabile non può essere uguale per tutti: tale legge esige di essere riveduta per giustizia. in merito al secondo punto (per le varie patologie presenti sul territorio, occorre puntare decisamente verso la prevenzione. Purtroppo l’ospedale della città di Augusta (oggi SIN e prima Area ad elevato rischio ambientale) è stato oggetto di forte ed ingiustificato ridimensionamento: sono stati chiusi (e ne siamo convinti che questo fa parte di un preciso progetto) il punto nascite; l’ostetricia e la ginecologia; la pediatria: forse così sarà più facile far calare il silenzio su una strage che dura da settanta anni? Cosa se ne fa Augusta di otto posti letto in un reparto di oncologia in cui il medico viene tre volte la settimana o quando può? Non è stato rispettato neanche quanto previsto dalla legge regionale 5 per quanto riguarda gli ospedali delle aree a rischio. La riapertura dei reparti già chiusi ed il potenziamento delle strutture sanitarie miranti alla prevenzione ed alla cura di quelle patologie correlabili all’inquinamento dovrebbero essere sentite dalla stato come un dovere etico. Ritengo che si debba arrivare, come risultato finale, alla formulazione di una legge speciale per salvare Augusta, di cui questi dovrebbero essere i Princìpi Generali ispiratori: 1 riconoscimento ufficiale del danno evidente sia alle persone sia al territorio (ecosistema) 2 risarcimento (inteso come): avvio immediato delle bonifiche adeguamento tecnologico degli impianti tutela della salute dei cittadini residenti pensionamento anticipato per le categorie a rischio (come per l’esposizione all’ amianto) 3 prevenzione sanitaria Creazione in loco di strutture sanitarie adeguate (es. centro oncologico) riapertura reparti storici (punto nascite, ostetricia e ginecologia, pediatria) screening di massa abbattimento tempi di attesa per le diagnosi gratuità delle diagnosi e delle cure doveroso sostegno alle famiglie colpite 4 Copertura finanziaria: (secondo il principio: “chi inquina paga”) Le aziende (dai profitti) Lo stato centrale (dalle accise) Chiediamo troppo? Sac. Palmiro Prisutto alla 12^ Commissione del Senato Igiene e Sanità.

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