Le "Cone" o Novene

Ora veni lu picuraru / e nun ha chi ci purtari / porta latti e nti la cisca / cascavaddi e tuma frisca. / Arrivisciti o matri mia, / ca nui semu a la campìa. / E ninna hò, e ninna ahò / e lu mè figghiu dormiri vò. / (Corpus Favara) Il Natale in Sicilia è ricco di tradizioni, di eventi religiosi e di piatti tipici. (Notizie prese dal web / Le foto sono mie) Tra le Tradizioni natalizie non si può fare a meno di parlare delle rappresentazioni drammatico-musicali che hanno il compito di celebrare al meglio la Festività. Le tradizioni musicali e drammatiche passate legate al Natale riguardano temi sacri come l’Annunciazione, la Nascita e la Fuga in Egitto e vanno a ricollegarsi a tradizioni popolari. Tra le rappresentazioni più antiche e note si può ricordare, ad esempio, la vicenda dei cantori ambulanti siciliani che diffondevano il culto religioso tra il popolo. In Sicilia a Natale un tempo si era soliti accendere le luminarie la sera della vigilia di Natale. In passato il crepitio dei falò era accompagnato dalle note delle zampogne e ciaramedde (strumenti a fiato) che venivano suonate dai cosiddetti zamppognari e ciaramiddari: a differenza dei cantastorie, questi ultimi eseguivano la novena davanti a piccoli altari sui quali veniva allestito il presepe, alla base di una rappresentazione della Sacra Famiglia. Si era soliti addobbare l’altarino, detto “Cona” (icona), con al centro una bella immagine della nascita di Gesù con arance, mandarini, limoni, ramoscelli, ca carta tinciùta, u sùgaru, a sparacogna, u spinapùlici, i-rrama di chiuppu e di inìparu, l’agrifògghiu e quant’altro la fantasia popolare puo’ partorire come abbellimento, illuminandolo con le fiammelle di nove candele. Secondo quanto riporta Pitrè in “Spettacoli e feste” la tradizione delle novene natalizie celebrava i nove giorni che precedevano quello della nascita di Gesù Bambino. Da qui il nome di “NOVENA”. Le Novene si effettuano dal 16 al 24 dicembre. Novene, ottave e tridui si celebrano di mattina (a partire dalle sette) e di sera (dall’imbrunire). Alla fine della Novena era tradizione che il capofamiglia o u putiàru regalassero al ninariddaru un tipico dolce natalizio ripieno di frutta e fichi secchi: u-bbucciddatu. Era una festa di felice aggregazione, di attesa per un evento in cui si riponeva la speranza di un futuro migliore, di abbondanza e prosperità e per questo alle Cone si portava in offerta quanto di meglio in campo alimentare si potesse reperire in questa stagione come arance, mandarini, fichidindia e meli cotogni, nespole d’inverno e melograni insieme a dolci fatti in casa, cotognate, mostarde, fichi secchi, datteri, dati in offerta, la notte della Vigilia, allo zampognaro e ai poveri del quartiere.
Anche Verga descrive questo rito ne ”I Malavoglia”: dove così si legge: “Come s’avvicinava la novena di Natale, i Malavoglia non facevano altro che andare e venire dal cortile di mastro Turi Zuppiddu. Intanto il paese intero si metteva in festa; in ogni casa si ornavano di frasche e d’arance le immagini dei santi, e i fanciulli si affollavano dietro la cornamusa che andava a suonare davanti alle cappellette colla luminaria, accanto agli usci. ”. Ancora oggi nei paesi della Sicilia si e’ soliti allestire, nel periodo natalizio, questi altarini (chiamati “novene”). Girando per i vari quartieri, si possono ammirare questi altarini negli angoli piu’ belli di una piazza o allestiti su di un muro, o su di un balcone di una strada qualsiasi. Poi, alla vigilia di Natale, arrivano i “ciarameddari”, che girando per questi quartieri, si fermano davanti agli altarini e suonano con le loro zampogne le tipiche melodie di natale…. la gente si raduna attorno a loro e alle “novene” e insieme ci si raccoglie silenziosamente in preghiera.

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