PALATIUM di TARGIA
Trovasi un paio di chilometri dopo Siracusa, sulla sinistra della SS.114 per chi va
verso Priolo, discosto da questa circa 500 metri, alla base del costone roccioso
che prosegue sino all'Eurialo. TI Palalo di Targia è oggi proprietà privata e quindi
visitabile solo per concessione dei proprietari (baroni Pupillo).
Federico II in una lettera da Sarpi del 21 marzo 1240, scrive al Plancatore per
l'approvazione di un progetto relativo alla costruzione di una fiskia nel suo
palatium in Chindia prope Syracusiam e per consentire l'assegnazione a censo ai
contadini siracusani delle terre incolte definite prato magno, per impiantarvi dei
vigneti a patto che non danneggino il vicino mirteto e la costruzione di recinti
per animali. Il termine fiskia indica un "bacino idrico o un fontanile. Ancora una
volta il termine arabo, certamente attestato nella Sicilia del XII secolo, lascia intravedere un'eredità tecnologica ed ideale che continuava in età sveva a
produrre i suoi frutti".L'imperatore avrebbe quindi approvato la realizzazione di un bacino idrico
nell'ambito probabilmente di uno dei luoghi di sollazzo esistenti nel territorio,
comprensivo forse di un vivaio.
La regione è ricca di acqua e per il periodo medievale è attestata l'esistenza di
un ricco patrimonio arboreo. Il legname ricavato dalle foreste serviva alla
trasformazione della canna da zucchero del territorio limitrofo (San Cusmano e
Cantera).
L'identificazione del Palatium della Chindia fu fatta da G. Agnello con la struttura
esistente nella contrada Targia vicino a Siracusa {prope Syracusiam) che egli
battezzò Valatium di Targia. Il nome compare nei documenti federiciani una sola
volta: nel 1240 il secreto di Messina aveva fatto aprire una cava {calcaria) a
Targia per trarre materiale da usare in lavori di riparazione per alcuni edifici
caduti in rovina che non dovevano essere molto distanti.
Lo Sthamer propose una localizzazione nel territorio di Floridia, intendendo il
toponimo Chindia come Cerninda o Cernindia, cioè Floridia (in dialetto Ciuriddia)
ma, come sottolinea F. Maurici, nel territorio indicato non esistono testimonianze
di edifici svevi.
Il toponimo Targia di origine araba, invece, lascia pensare ad una
frequentazione del sito precedente al periodo svevo 7.
Del periodo normanno si ricordano gli avvenimenti legati al conte Ruggero "il
quale, dopo la morte del figlio Giordano, sarebbe passato nella vicina terra per
punirvi la popolazione ribelle, abbattendo dalle fondamenta il castello. Certo è
che i ruderi di vecchie abitazioni e i documenti storici, riferentisi a disposizioni di ripopolamento della contrada, provano a sufficienza che il feudo Targia dovette
essere legato alle vicende della storia cittadina: le sue abitazioni turrite e le
prospere dipendenze terriere ne fecero, forse per lungo tempo, un luogo di
giocondi sollazzi regali" 8
In età aragonese il feudo di Targia fu oggetto di interesse dei regnanti come
testimoniato da un diploma di Federico III dal quale si evince che esistevano
ben due sollacia (la Targia magna e la Targia parva, cioè grande e piccola) con i
relativi parchi, case, giardini, mulini 9. La frequentazione come luogo di svago e
di caccia nel periodo aragonese è indice di continuità storica con il periodo svevo
ed è molto probabile che esista materialmente la prova di questa sequenza
cronologica.
Benché completamente rimaneggiato in epoca moderna, l'unico edificio che
risponde comunque alle caratteristiche icnografiche sveve nella contrada è il
Palazzo di Targia con pianta leggermente trapezoidale (lati minori m 19,40; lati
maggiori di misura differente: il lato Est m 26,70 e il lato Ovest m 32,10), torri
circolari nell'intersezione degli assi e cortile centrale.
L'impianto planimetrico, nella sua attuale consistenza, di forma irregolare,
potrebbe essere dovuto all'adattamento delle fondazioni su strutture
preesistenti, peraltro mai indagate. Esso appare simile ad un grande baglio dal
momento che la fabbrica dell'edificio si articola attorno ad una corte centrale. Lo
spessore murario è di m 1,10. Secondo G. Agnello la cortina muraria originaria
sarebbe integra su tre lati tranne sul lato Nord dove si sono sostituiti fabbricati
moderni di tipo rurale.
All'interno esistono ambienti soltanto nei lati Sud e Ovest, ma che non hanno
alcun elemento antico. Le caratteristiche sveve sono riscontrabili, secondo lo
studioso, nelle torri Sud-Ovest e Sud- Est. La prima (diametro esterno m 6,30;
diametro interno m 4,10) presenta un rivestimento in piccoli conci (altezza cm
26/28) in pietra calcarea disposti in 25 filari. Il coronamento si organizza con
una cornice composta di archetti tipica del periodo tre - quattrocentesco.Esiste una sola finestra rettangolare a doppio strombo. La torre Sud-Est,
lacunosa del coronamento, è confrontabile nell'impostazione generale alla
precedente. Della torre Nord-Ovest rimangono solo la base e quattro assise di
conci; la Nord- Est è tutta di rifacimento moderno.
Il Bellafiore ritiene invece che " L'attuale edificio, che sembra essere un baglio
agricolo fortificato, non ha in evidenza alcun elemento che possa essere
assegnato ad età sveva" . Le strutture più antiche del palazzo di Targia
sarebbero dunque databili tra la fine del '400 e gli inizi del '500 identificabili con
la torre cinquecentesca chiamata Targia dal Fazello e costruita dove ancora erano visibili le rovine della Pentargia .
Il palazzo di Targia oggi è immerso in un rigoglioso parco forse retaggio di
quello medievale, che lo isola completamente dal contesto della zona industriale;
individuabile dalla strada solo per chi ne conosce l'esatta ubicazione.
L'edificio che ha subito profonde trasformazioni attraverso una serie di aggiunte
e modifiche, emana ancora il fascino incondizionato delle antiche pietre. La sua
funzione, al momento delle indagini documentarie e archeologiche, rimane nel
campo delle supposizioni: forse un castello di caccia legato alle attività venatorie
e naturalistiche dell'imperatore svevo che, ancora una volta, lascia ai posteri un
alone di mistero e di accattivanti suggestioni.
Nei pressi del Palatium di Targia esiste una torretta a pianta quadrata intesa
come mulino, che fa parte del complesso edilizio.
Riportiamo la tavola cronologica dei feudatari di Targia, curata da M.
Monterosso:
Oberto Mustrola : iscritto nel ruolo dei feudatari del 1296. Giovanni Balcarino:
iscritto nel ruolo dei feudatari del 1408. Adriana Filingeri-Asmundo: vedova di
Adamo Asmundo, in nome del figlio Nicolò Antonio, si investi il 18 Giugno 1459. Giovanni Filingeri: non conosciamo le ragioni del suo possesso, si investì il 18
Dicembre 1461. Francesco Galgano: prese investitura il 2 Marzo 1473. Tommaso
Galgana: quale procuratore di Franceschiello Galgana, figlio minore del
precedente, prese investitura il 22 Novembre 1502.
Francesco Galgana: fattosi maggiorenne si investì il 27 Aprile 1507 ed ancora il
24 Gennaio 1516.
Giovanni Galgana: figlio del precedente, prese investitura il 20 Novembre 1523.
Beatrice Galgana e Enrico Arezzo (coniugi): si investirono l'1 Agosto 1543 per la
morte senza figli di Giovanni Galgana fratello di Beatrice.
Francesco Arezzo: figlio dei precedenti, per donazione di nozze prese investitura
il 11 Aprile 1549. Si reinvestì il 27 Gennaio 1557. Sposò Costanza de Gulfis dei
signori di Gisira di Palagonia. Morì a Siracusa il 26 Luglio 1559.
Giuseppe Arezzo: figlio del precedente, si investì l'1 Agosto 1559
Mario Arezzo: fratello del precedente, si investì il 25 Luglio 1600. Sposò Giulia
Bologna ed in seconde nozze Giulia Bonajuto. Morì a Siracusa il 15 Ottobre
1609. Francesco Arezzo: figlio del precedente, si investì l'11 Ottobre 1610, si
reinvestì il 21 Gennaio 1622. Sposò Eufemia Deodato, morì a Siracusa 21
Gennaio 1644.
Mario Arezzo: figlio del precedente, si investì l'I4 Gennaio 1645. Morì a Siracusa
il 27 Dicembre 1657. Giuseppe Arezzo: fratello del precedente, si investì il 14 Dicembre 1658. Sposò Flavia Tedeschi, morì a Siracusa il 18 Ottobre 1661.
Francesco Arezzo: figlio del precedente, si investì il 15 Settembre 1662, si
reinvestì il 16 Settembre 1666. Sposò Caterina Statella.
Giuseppe Arezzo: figlio del precedente, in occasione delle sue nozze con
Angelica La Valle ricevette in dono il feudo di cui si investì l’8 Marzo 1692. Sposò
in seconde nozze Francesca Valseca, morì a Siracusa l'1 Novembre 1748.
Antonino Arezzo: figlio del precedente, ricevette in dono il feudo, con riserva di
usufrutto da parte del donante, in occasione delle sue nozze con Margherita
Deodato dei baroni di Frigintini. Si investì il 30 Giugno 1749.Giuseppe Arezzo: figlio del precedente, prese investitura il 28 Luglio 1761. Sposò
Maria Anna Beneventano, morì a Siracusa l'I Gennaio 1787.
Gaetano Maria Arezzo: figlio del precedente, prese investitura il 16 Giugno 1787.
Sposò Maria De Grandi dei baroni di Grottaperciata.
Attualmente la proprietà è dei baroni Pupillo.
NOTE
1 - Carcani "Costitutiones", pag. 384. L'identificazione del prato magno cadrebbe
per G. Agnello con la pianura Lisimeleia a Sud- Ovest di Siracusa, unica pianura
vicino alla città ("L'architettura sveva in Sicilia", 1935, pag. 107, nota I). In
mancanza di dati documentari e materiali certi l'identificazione di questi
complessi extraurbani federiciani è spesso difficile e controversa. Prato Magno
potrebbe essere il Pantano Grande delle carte dell'IGM esistente al di là del
fiume Ciane.
2 - fiskia dall'arabo fisqiya diventa nel dialetto siciliano gebhia. Cfr. F. Maurici
"Federico e la Sicilia-I castelli dell'imperatore", pag. 184. Numerosi tubi fittili
furono ritrovati nella zona; questo materiale potrebbe essere in relazione con il
presunto impianto per il convogliamento delle acque nel palazzo federiciano. La
lacunosità degli elementi in nostro possesso si unisce alla difficoltà di condurre
ricerche e saggi di scavo nella contrada Targia dal momento che essa è
proprietà privata (baroni Pupillo).
3 - Non distante dal sito in esame, lungo il costone roccioso' che guarda al
porticciolo di Targia (antico suburbio eli pescatori greci e poi sede della tonnara
di Santa Panagia), si aprono alcuni ingrottamenti naturali lungo quella che era
un'antica falaise di riva. In una di queste grotte P. Orsi identificò la sede di un
santuario greco dedicato al culto di Artemide ove confluisce dell'acqua
artificialmente incanalata. Cfr. L. Cassataro "L'antro di Artemide a Scala Greca"
in I Siracusani", bimestrale di aarte, storia, cultura e tradizioni, anno VI, n°29
gennaio-febbraio 2001, pag.22.4 - L'identificazione si deve a G. Agnello, op. cit., pag 102: "Ho motivo invece di
ritenere...che il palatium sorgesse nel feudo Targia Sarebbe auspicabile un
approfondimento del problema della Targia con riguardo anche all'identificazione
della calcarla menzionata nel documento del 1240, considerando che Targia
apparteneva ad Augusta e che, con ogni probabilità, gli edifìci che ebbero
bisogno di lavori di restauro si trovavano in questo territorio.
(LE NOTIZIE LE HO TROVATE SU INTERNET)
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